cataniacittadimerda
2008-08-30 16:50:15 UTC
ALFIO CARUSO
Interessa a qualcuno l’agonia della nona città d’Italia? Catania è
lontana, Catania è alle porte dell’Africa, Catania non è più la
piccola patria di Verga e di Ettore Majorana, però potrebbe essere per
molti comuni l’anticipazione di un prossimo futuro.
A Catania interi quartieri restano la sera al buio perché il debito
del Comune nei confronti dell’Enel è diventato una cifra impagabile.
Da settimane le luci sono spente pure a piazza Esposizione, dove
sorgono il palazzo di giustizia e il principale albergo cittadino.
Forse a causa della mancanza di fondi, i vigili urbani sono quasi
spariti dalla vista: di conseguenza i centauri hanno ripreso
l’abitudine di guidare senza casco; gli automobilisti, nella caccia ai
pochi spazi lasciati liberi dalla società che ha in appalto le strisce
blu e le strisce gialle, parcheggiano anche in terza fila; i
marciapiedi vengono adibiti a posteggio di ogni veicolo. Al calar
delle tenebre la sensazione di abbandono stringe il cuore: le vie dei
quartieri più antichi sono occupate dai bracieri e dalle graticole dei
venditori di carne di cavallo: trionfa la tradizione millenaria
dell’«arrusti e mangia», però il fumo rende l’aria irrespirabile,
annebbia la vista e infastidisce gli abitanti dei palazzi
prospicienti. I cumuli di spazzatura hanno raggiunto livelli
napoletani, ma in assenza di riprese televisive l’emergenza non
esiste. Le vecchie e famose strade attorno a piazza Duomo ospitano
bivacchi multirazziali nell’indifferenza di quanti dovrebbero
preoccuparsene. Usare la bicicletta e a volte persino i motorini
rappresenta una sfida al destino: l’asfalto è un susseguirsi di buche
e di dossi. L’ex sindaco Scapagnini aveva inventato la macchina
tappabuchi, un furgoncino con il bitume da applicare per rattoppi alla
buona, che al massimo resistevano quarantott’ore: adesso, oltre
all’inventore, è sparita financo l’invenzione.
Eppure Catania è la città di Lombardo, molto attento a presentarsi
come l’uomo forte della Sicilia, oltre che il governatore della
regione (nella realtà è il vice del viceré, Cuffaro). Lombardo è stato
l’azionista di maggioranza delle due giunte rette da Scapagnini, il
peggior sindaco dai tempi di Ulisse e Polifemo, un napoletano furbo e
seducente, capace d’irretire persino i catanesi, intimamente convinti
di essere gli sperti e malandrini per eccellenza. La sua fortuna
politica deriva dall’abilità di alchimista: prima del viagra preparava
pozioni magiche per Berlusconi e la sua cerchia di sessantenni in
tiro. Così Scapagnini conquistò la stima e la fiducia del Cavaliere
impettito. Catania gli si è data con voluttà ricevendo in cambio una
tale valanga di annunci e di promesse al cui confronto Mosè che apriva
il Mar Rosso sembrava un dilettante allo sbaraglio. Purtroppo i
risultati sono stati scarsi assai con l’aggiunta del triste primato
della ragazza annegata per strada sotto un acquazzone, quando le vie
si trasformano in torrenti impazziti. Malgrado i poteri e le centinaia
di milioni di euro riversati dal governo su Scapagnini fra il 2003 e
il 2007, le casse comunali sono sprofondate in una voragine di debiti:
700 milioni di euro secondo gli ottimisti, oltre un miliardo secondo i
pessimisti.
Le responsabilità del centrodestra sono dunque enormi, ma quelle del
centrosinistra non sono inferiori. L’opposizione è sparita,
s’intravede solo in qualche spartizione di seggiolini. Alle elezioni
nazionali Veltroni pensò bene di presentare una serie di sconosciuti
paracadutati da ogni regione d’Italia; alle elezioni regionali la
Finocchiaro è scappata il giorno dopo la più dura batosta di sempre.
Non è un caso che alle comunali di giugno Bianco e Fava, campioni del
centrosinistra e della sinistra, si siano dovuti accontentare delle
briciole. Oltre alla propria insussistenza, i due malcapitati hanno
pagato il masochismo degli elettori sublimatosi nella scelta, quale
sindaco, di un intimo di Lombardo, l’avvocato Stancanelli, mirabile
esempio di eclettismo politico: senatore del Popolo delle Libertà in
quota An, è stato imposto al suo stesso partito dal potente
principale.
Stancanelli simboleggia l’espressione più compiuta della micidiale
rete tessuta dal malinconico «ammazzapatri» - nomignolo che Lombardo
divide con i concittadini di Grammichele - avanti di dedicarsi alle
patetiche sparate contro Garibaldi, i Mille, l’Unità d’Italia. Nella
prima intervista al quotidiano locale, La Sicilia, Stancanelli ha
annunciato che la città è sull’orlo del disastro, ma non ha indicato i
colpevoli. Ovviamente si riferiva a Garibaldi, ai Mille, all’Unità
d’Italia.
Lastampa.it 30/06/08
Interessa a qualcuno l’agonia della nona città d’Italia? Catania è
lontana, Catania è alle porte dell’Africa, Catania non è più la
piccola patria di Verga e di Ettore Majorana, però potrebbe essere per
molti comuni l’anticipazione di un prossimo futuro.
A Catania interi quartieri restano la sera al buio perché il debito
del Comune nei confronti dell’Enel è diventato una cifra impagabile.
Da settimane le luci sono spente pure a piazza Esposizione, dove
sorgono il palazzo di giustizia e il principale albergo cittadino.
Forse a causa della mancanza di fondi, i vigili urbani sono quasi
spariti dalla vista: di conseguenza i centauri hanno ripreso
l’abitudine di guidare senza casco; gli automobilisti, nella caccia ai
pochi spazi lasciati liberi dalla società che ha in appalto le strisce
blu e le strisce gialle, parcheggiano anche in terza fila; i
marciapiedi vengono adibiti a posteggio di ogni veicolo. Al calar
delle tenebre la sensazione di abbandono stringe il cuore: le vie dei
quartieri più antichi sono occupate dai bracieri e dalle graticole dei
venditori di carne di cavallo: trionfa la tradizione millenaria
dell’«arrusti e mangia», però il fumo rende l’aria irrespirabile,
annebbia la vista e infastidisce gli abitanti dei palazzi
prospicienti. I cumuli di spazzatura hanno raggiunto livelli
napoletani, ma in assenza di riprese televisive l’emergenza non
esiste. Le vecchie e famose strade attorno a piazza Duomo ospitano
bivacchi multirazziali nell’indifferenza di quanti dovrebbero
preoccuparsene. Usare la bicicletta e a volte persino i motorini
rappresenta una sfida al destino: l’asfalto è un susseguirsi di buche
e di dossi. L’ex sindaco Scapagnini aveva inventato la macchina
tappabuchi, un furgoncino con il bitume da applicare per rattoppi alla
buona, che al massimo resistevano quarantott’ore: adesso, oltre
all’inventore, è sparita financo l’invenzione.
Eppure Catania è la città di Lombardo, molto attento a presentarsi
come l’uomo forte della Sicilia, oltre che il governatore della
regione (nella realtà è il vice del viceré, Cuffaro). Lombardo è stato
l’azionista di maggioranza delle due giunte rette da Scapagnini, il
peggior sindaco dai tempi di Ulisse e Polifemo, un napoletano furbo e
seducente, capace d’irretire persino i catanesi, intimamente convinti
di essere gli sperti e malandrini per eccellenza. La sua fortuna
politica deriva dall’abilità di alchimista: prima del viagra preparava
pozioni magiche per Berlusconi e la sua cerchia di sessantenni in
tiro. Così Scapagnini conquistò la stima e la fiducia del Cavaliere
impettito. Catania gli si è data con voluttà ricevendo in cambio una
tale valanga di annunci e di promesse al cui confronto Mosè che apriva
il Mar Rosso sembrava un dilettante allo sbaraglio. Purtroppo i
risultati sono stati scarsi assai con l’aggiunta del triste primato
della ragazza annegata per strada sotto un acquazzone, quando le vie
si trasformano in torrenti impazziti. Malgrado i poteri e le centinaia
di milioni di euro riversati dal governo su Scapagnini fra il 2003 e
il 2007, le casse comunali sono sprofondate in una voragine di debiti:
700 milioni di euro secondo gli ottimisti, oltre un miliardo secondo i
pessimisti.
Le responsabilità del centrodestra sono dunque enormi, ma quelle del
centrosinistra non sono inferiori. L’opposizione è sparita,
s’intravede solo in qualche spartizione di seggiolini. Alle elezioni
nazionali Veltroni pensò bene di presentare una serie di sconosciuti
paracadutati da ogni regione d’Italia; alle elezioni regionali la
Finocchiaro è scappata il giorno dopo la più dura batosta di sempre.
Non è un caso che alle comunali di giugno Bianco e Fava, campioni del
centrosinistra e della sinistra, si siano dovuti accontentare delle
briciole. Oltre alla propria insussistenza, i due malcapitati hanno
pagato il masochismo degli elettori sublimatosi nella scelta, quale
sindaco, di un intimo di Lombardo, l’avvocato Stancanelli, mirabile
esempio di eclettismo politico: senatore del Popolo delle Libertà in
quota An, è stato imposto al suo stesso partito dal potente
principale.
Stancanelli simboleggia l’espressione più compiuta della micidiale
rete tessuta dal malinconico «ammazzapatri» - nomignolo che Lombardo
divide con i concittadini di Grammichele - avanti di dedicarsi alle
patetiche sparate contro Garibaldi, i Mille, l’Unità d’Italia. Nella
prima intervista al quotidiano locale, La Sicilia, Stancanelli ha
annunciato che la città è sull’orlo del disastro, ma non ha indicato i
colpevoli. Ovviamente si riferiva a Garibaldi, ai Mille, all’Unità
d’Italia.
Lastampa.it 30/06/08